PierPaolo Spinazzè street art Cibo
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“Cibo”: la street art per coprire l’odio

Su un muro di una casa abbandonata, per coprire una scritta fascista, ci disegnò sopra un wurstel alla griglia.
Ma dopo poco la scritta ritorna, uguale, sopra il wurstel.
È stata quella volta che “Cibo”, pseudonimo di un giovane artista veronese dalle mille sfaccettature, capì che la creatività sarebbe stata la sua arma contro il razzismo e le intolleranze.

Riprese una bomboletta spray, questa volta rossa, e spalmò sul suo wurstel, e sulla scritta, una dose generosa di ketchup.
Ma non era finità lì, perché questa volta il suo murale fu coperto interamente da pennellate beige.

Lui non si lascia scoraggiare da questi attacchi, anzi, sembra quasi che si diverta: «è una sfida, loro si arrabbiano e io rispondo facendo cose sempre più belle», e intanto la macchia beige è diventata una chiazza di senape, su cui ha disegnato un altro salsicciotto e la scritta “more sauce please”, ancora altra salsa, per favore.

Cibo” è la firma che usa per questo progetto, ma Pier Paolo Spinazzé – questo il suo vero nome – è un artista con molti lavori a portfolio. Anche decisamente diversi tra loro.

36 anni, un diploma di liceo artistico e una laurea in disegno industriale, oggi si occupa di grafica come di design, di illustrazione e di arte contemporanea come di arte murale.

pierpaolo spinazzè street art cibo

E anche in questa è un professionista versatile: ha iniziato vent’anni fa in strada con i disegni di robot, il suo primo progetto, e oggi disegna su commissione sui muri di istituzioni e scuole, nelle case di privati, realizza performance in eventi pubblici.
Le aziende sono dei grandi committenti, per loro soprattutto realizza murales disegnando forme geometriche e poligoni e firmandosi “ilpier”.

«I committenti me li cerco e me li trovo. La sfida è avere sempre idee e progetti nuovi e superfici maggiori, e le aziende sono i mecenati moderni, quelli che hanno i soldi per pagare l’arte. Ho lavorato per Apo Scaligera e per Fiera di Verona, ad esempio».

L’arte, Pier Paolo, ce l’ha nel dna: sua madre è un’artista e di certo in casa non l’hanno ostacolato quando ha fatto il suo primo disegno su muro, in camera sua.
Poi è stata la volta del garage, e poi gli spazi erano finiti ed è sceso in strada.

Lì, a disegnare con le bombolette, c’erano i writers legati alla cultura dell’hip hop: «io andavo a disegnare con loro ma volevo avere un progetto da seguire. Loro usavano colori audaci e io, nel tempo, per abbinare i miei disegni ai loro colori, ho lasciato da parte i robot e ho trovato la chiave nel cibo.
Il cibo è colorato, ha tutti i colori del mondo, tranne l’azzurro. Per questo i miei sfondi sono tutti azzurri».

Perché proprio il cibo, colori a parte?

«Il cibo è simbolo della nostra cultura, del nostro territorio, e anche delle nostre aziende. Nei miei disegni omaggio i prodotti del territorio. In un comune del veronese dove si coltivano gli asparagi li ho dipinti abbinati alle uova».

Ed è stato così che ha pensato di usare queste ricchezze d’Italia per coprire e cancellare le brutture.

Una scritta “Mein Hitler” è diventato un “my muffin” in un lilla molto fashion e – dopo che è stato rovinato – rifatto in rosa shocking, un muro pieno di diversi strati di insulti è stato coperto da una gustosissima sopressa di Brenton, il tricolore è stato omaggiato con una caprese, due zucche hanno coperto, in occasione di Halloween dei segni che avevano deturpato i tortelli che aveva già disegnato sotto.
E potremmo continuare a lungo.

pierpaolo spinazzè street art cibo

Quando disegna, cerca sempre di fare le cose in regola. «Dove ci sono edifici abbandonati non sempre è possibile, ma io faccio tutto alla luce del giorno, non ho nulla da nascondere.
In molti mi chiamano e mi segnalano scritte di odio che deturpano il paesaggio, io le copro gratis, perché per me è prendermi cura della mia città».

Qualche denuncia se l’è beccata, da qualche amministratore che non ha apprezzato.
«Diventa una questione politica, mi mandano intimazioni di cancellare il muro o tasse sulle opere artistiche».

Coi privati è diverso: «suono il campanello, mostro il lavoro che intendo fare e chiedo il permesso. Me lo danno sempre: siamo gente semplice, di campagna».

Non è facile. Recentemente, in due notti gli hanno cancellato o rovinato 17 murales. Lui e i suoi genitori hanno ricevuto minacce.

«Ma io continuo, perché non sto difendendo due salsicce: io difendo la libertà di pensiero. Copro l’odio, disegno per prendermi cura del mio territorio. Per questo voglio rendere pubblico il mio progetto: cerco emulatori, altri artisti che a loro volta si prendano cura della loro, di città».


Le foto sono di PierPaolo.

Io ho raccontato la storia di PierPaolo “Cibo” sul numero di dicembre 2018 di Scarp de’ tenis.
Su Scarp de’ tenis mi trovate ogni mese: è uno streetmagazine venduto da persone senza dimora.

Se incontrate le loro pettorine rosse, comprate una copia. Non per me ovviamente: per loro. Perché quello è il loro lavoro, pieno di dignità.

2 commenti

  • Camilla Giudici

    Di solito i murales mi piacciono…spesso sono vera e propria arte… Ho letto qui l’articolo in cui l’artista precisa il senso del suo lavoro, che, per motivi suoi, ha un unico ‘oggetto’, IL CIBO, sia pure nella sua varietà. Non discuto questa scelta che l’artista, nella sua libertà di pensiero, ha deciso di privilegiare. In quanto a me, nella mia libertà di pensiero, preferisco murales che rappresentino scene più complesse e varie, che abbiano fini sociali o anche no. Oppure quei murales di arte astratta, che , in forme e colori, sono la fine del mondo.. … Detto questo, apprezzo l’iniziativa e il suo scopo dichiarato.

    • Marta Zanella

      Ciao Camilla! In realtà questo di “Cibo” è solo uno dei suoi progetti. I suoi lavori sono anche molto diversi, per committenti differenti e con stili diversi.
      Di questo progetto del cibo per coprire l’odio mi ha raccontato che vorrebbe che fosse “copiato” ed esportato in altre città d’italia da altri artisti, e in effetti è già successo che qualcun altro lo imitasse. E’ un progetto che può essere collettivo e il cibo è un tema facile, su cui tutti hanno qualcosa da esprimere, e che ha una sua peculiarità in ogni territorio italiano… probabilmente anche per questo ha scelto questo tema.

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