Nido di seta
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Nido di seta: i ragazzi della nuova Via della seta calabrese

C’era una volta un’altra Via della Seta.
In pochi conoscono la storia, ma Catanzaro, in Calabria, è stata per lunghi secoli considerata la capitale europea della seta, al punto da aver formato intorno a sé un circuito produttivo che tracciava una Via della Seta calabrese, che univa Palermo (altra città dalla fiorente produzione segnata da una forte influenza bizantina) fino a Lione, in Francia, dove i maestri setaioli calabresi erano chiamati a insegnare le tecniche della tessitura.

C’era una volta, e c’è ancora.

Il merito è di tre ragazzi che hanno scelto di recuperare questa antica e preziosa tradizione per costruire nella loro terra non solo il proprio lavoro, ma anche quello di tante persone che oggi sono coinvolte nella realizzazione di una nuova filiera della seta.

Miriam, Giovanna e Domenico, tutti intorno ai trent’anni, nel 2014 dopo esperienze di studio e lavoro lontano dal loro paese, tornano a San Florio, piccolo comune sulle colline intorno a Catanzaro, prendono in gestione un gelseto comunale in disuso e fondano la loro impresa Nido di Seta.

Nido di seta
Foto: Nido di seta

«Tradizionalmente San Floro ha sempre avuto una vocazione agricola legata alla produzione della seta: in pratica, qui molti coltivavano gelsi e allevavano bachi da seta, poi mandati a Catanzaro per la filatura – racconta Domenico Vivino, che oggi è uno dei pochissimi uomini impegnati in questa filiera quasi tutta al femminile. – Noi siamo tornati in Calabria per una sfida, far rivivere questa antica tradizione e la nostra terra. Così abbiamo ripristinato tutta la filiera, dalla coltivazione degli alberi di gelso al prodotto finito, applicando la strada dell’agricoltura multifunzionale».

Che significa che non si limitano alla sola attività di coltivazione. «Sicuramente partiamo dal gelso e dall’allevamento del baco, ma poi c’è la parte di artigianato, con la lavorazione manuale del bozzolo che da prodotto agricolo diventa prima filato e poi tessuto – spiega Domenico. – Facciamo anche la trasformazione alimentare dei prodotti del gelso, cioè le more, in confetture e liquori».

Infine, un’ulteriore parte della loro attività è dedicata alla didattica e all’ecoturismo: a fianco del gelseto curano il Museo della Seta, e accolgono centinaia di scuole e circa 6mila turisti, molti stranieri, ogni anno, a cui propongono un’esperienza di gelsicoltura, dalla raccolta delle foglie all’estrazione del filo.

nido di seta
Foto: Nido di seta

Oltre ai tre soci, sono una decina gli e le artigiane coinvolte in Nido di Seta. «C’è chi si occupa della filatura del bozzolo e delle lavorazioni necessarie per rendere il filo morbido e setoso, mentre un altro passaggio è quello della tessitura – spiega Domenico. – Tutto artigianale, tutto a chilometro zero, perché tutte le lavorazioni vengono fatte sul territorio delle province di Catanzaro e di Cosenza. Infine, il tessuto ritorna da noi e ci occupiamo di fare la colorazione, con tinture naturali».

Competenze e professionalità del territorio, ma non solo. «Per imparare questo mestiere abbiamo sicuramente attinto alle memorie del paese, ma siamo anche andati fino in Asia per confrontarci con culture dalla lunga tradizione e con il loro sapere».

Un sapere che condividono. Ogni anno organizzano nelle campagne cosentine una “Accademia della seta”: dei corsi di formazione per cui arrivano persone anche dall’Argentina e dalla Finlandia.

E che poi acquistano. «Vendiamo molto attraverso la vendita diretta in azienda, a chi viene per turismo ad esempio. Ma molto anche on line, ed esportiamo in tutta Europa e persino in America».

Le foto sono tutte della cooperativa Nido di Seta

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