tour fotografico alla ex breda
Italia,  Lombardia

Tour fotografico nel quartiere della Breda

La Breda, quassù, al confine con Sesto San Giovanni, è stata una delle fabbriche che ha fatto la storia del lavoro di Milano. Oggi è un quartiere in bilico tra i suoi stabilimenti abbandonati e loft hipster di professionisti.

È la novità di questi giorni, comparso all’improvviso come un miraggio nel deserto… no, non sto scherzando, è che in questo quartiere manca(va) come l’aria un caffè.
Un posto dove fermarsi a prendere la carica prima di entrare al lavoro, una meta quando ti vien voglia di dire “usciamo a prendere un caffè e facciamo due passi mentre ne parliamo”.

Una cosa così, semplice, banale, fino a ieri qui non c’era.
C’era solo “la mensa” – che, per carità, va bene per mangiare, ma ogni tanto pure l’occhio vuole la sua parte – o il centro commerciale Bicocca Village. Sai che botta di vita…

Qui è l’ex Breda, un posto strano con un unico indirizzo civico, viale Sarca 336, che in realtà corrisponde a un intero quartiere.
La prima volta che ci vieni e cerchi qualcosa è inevitabile girare stranito tra edifici industriali vecchi e nuovi senza sapere come trovare un’indicazione.

Qui però, in questo posto sul confine tra Milano e Sesto San Giovanni, si è fatta la storia industriale di Milano, e probabilmente anche dell’Italia.

Fino allo scorso anno, all’inizio di questo vialone, c’era ancora il cartello originale che sovrastava l’ingresso di quella che era la fabbrica con la scritta e il logo Breda.

Fonte: blog.urbanfile.org

Poi, improvvisamente, una mattina ho alzato lo sguardo e non c’era più.


L’avranno buttato via come un ferro vecchio?
Sarà conservato in qualche deposito?
Però il cuore ha saltato un battito, per la sensazione che un pezzo di storia fosse stato cancellato, o nascosto.

Oggi attraversando la strada cerco di seguire coi piedi il binario del cancello, che è rimasto incastrato nell’asfalto, cercando di immaginare la fiumana di operai che entravano a piedi e in bicicletta al suono della sirena.

Un quartiere che ha un solo indirizzo civico, perché è questo viale che iniziava con un cancello e finisce in fondo con un altro, chiuso, solo con un passaggio pedonale, a segnare il cuore di quella che era “la Breda”.


La Breda
è stata attiva qui dall’inizio del 900 e ci hanno costruito locomotive a vapore, treni elettrici, e poi la produzione massiccia per le guerre mondiali, aerei, persino componenti per l’industria nucleare. La locomotiva a vapore oggi esposta al Museo della Scienza e della Tecnica. Il treno Settebello e le carrozze per la metropolitana milanese.
Poi la crisi degli anni ’80 e la Breda che all’epoca contava 20mila dipendenti – così come la Pirelli più in giù e la Falck al di là del confine, a Sesto, così come le industrie di Lambrate – viene prima parcellizzata e poi sparisce dalla storia.

Qui, oggi, è un quartiere che non ha ancora deciso cosa diventare, in bilico tra i resti di un passato glorioso e un futuro che ancora non si sa come sarà, se prevarranno i cantieri immobili, le transenne, gli edifici dismessi,

o le location fighette industrial style in cui hanno trovato sede studi di architettura, case di moda e agenzie di comunicazione, oltre a distaccamenti dell’università.

A volte, nelle giornate di sole e di eventi, quando sui (pochi) marciapiedi vedi brulicare giovani e professionisti, pensi che avrebbe le potenzialità per diventare una nuova Tortona.

In fondo poco più in giù, sul terreno di quello che era un altro dei colossi del lavoro milanese, la Pirelli, ci hanno provato, con l’Università, l’Arcimboldi, l’Hangar Bicocca.

Altre, guardando cortili e cancelli e sterpaglie immobili da tanto tempo, ti prende lo sconforto, e pensi che quassù, che quasi non è nemmeno più Milano, non c’è speranza.

Però poi compare il cartello di un hipsterissimo locale, e nella sua banalità torni a sperare che una sorpresa possa essere dietro l’angolo.

Perché questo è un posto troppo importante per non farlo tornare a vivere.

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