Saluzzo, storia di un migrante meccanico di biciclette
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Il meccanico delle biciclette di Saluzzo

Issa ha 33 anni, viene dal Burkina Faso e a Saluzzo, da parecchie estati, fa due lavori.

Il primo, come tutti i migranti che vengono qui per la stagione, è raccogliere frutta nei campi.
Tutto il giorno, e poi ritorna a dormire nell’accampamento del Foro Boario dove, da una decina d’anni, da giugno a ottobre trovano riparo precario dentro tende e tendoni oltre seicento braccianti stranieri.

Ogni estate, in questo paese ai piedi del Monviso, arrivano seicento, settecento uomini per cercare lavoro nelle aziende agricole della zona.

E lo trovano nei comuni, oltre che di Saluzzo, prevalentemente in quelli di Verzuolo, Costigliole, Revello, Scarnafigi e Lagnasco, che è considerato il paese più intensamente dedito alla frutticoltura d’Italia.

Il secondo lavoro, Issa, lo inizia la sera, o nei giorni in cui non viene chiamato a lavorare: lui aggiusta biciclette.

La maggior parte dei braccianti si sposta in bici, è il loro, preziosissimo, mezzo di trasporto. E così succede che d’estate, all’improvviso, a Saluzzo e dintorni girano seicento biciclette in più. Che ogni tanto si rompono.

Issa da qualche anno allestisce una piccola officina: compra pezzi, ne aggiusta altri, ripara così le bici dei colleghi con un listino prezzi ben preciso. È piccola ma funzionale, dicono gli operatori che ormai lo conoscono bene, hanno testato le sue competenze e le capacità manuali e lo scorso anno lo hanno chiamato anche a lavorare per la ciclofficina della Caritas.

Un lavoro un po’ speciale che gli ha permesso di diventare un punto di riferimento anche per i colleghi braccianti, che sanno dove trovarlo.

La maggior parte di questi lavoratori sono uomini di origine africana sub sahariana (prevalente vengono dal Mali, Costa d’Avorio, Burkina Faso e Senegal), persone non appena sbarcate, ma che vivono in Italia da diversi anni, che hanno una casa e anche una famiglia a Vicenza, a Venezia, o a Lecco.

Persone ben integrate, che avevano un lavoro fino all’esplodere della crisi economica del 2008 che ha coinvolto anche molte industrie del Nordest, e da allora hanno dovuto reinventarsi braccianti agricoli e continuare a spostarsi all’interno dei nostri confini nazionali per cercare lavoro: lo trovano, ma sempre lontano da casa, e sempre per una o due stagioni.

Arrivano verso la fine di maggio, per la prima raccolta, quella dei piccoli frutti, come mirtilli e lamponi, poi a luglio è il momento delle pesche. Il grosso del lavoro arriva con le mele, e va da metà estate fino a ottobre, e si conclude a novembre con i kiwi. Molti dei braccianti, a quel punto, migrano verso il Sud per partecipare alla raccolta delle arance.
Chi ha una famiglia, a volte, torna a casa.

Il sogno di Issa, invece, è di aprire un’officina vera e poter restare a Saluzzo tutto l’anno.

Per il momento non è ancora un lavoro economicamente sostenibile, e così a fine estate nasconde tutti i suoi attrezzi in una valigia e parte per continuare a raccogliere arance nel Sud Italia.

Ma chissà se un giorno riuscirà a mettere in piedi la sua piccola impresa e a diventare finalmente, come ama chiamarsi, “il meccanico di Saluzzo”.

 

Per approfondire puoi vedere il sito del progetto Caritas Saluzzo Migrante

Questa storia l’ho raccontata anche sul numero di luglio di Scarp de’ tenis

 

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